QUALCUNO “TROVO'” SUL NIDO DEL CUCULO

 

Non ero ancora nato quando mia madre, depositò l'uovo dentro il quale io stavo crescendo, nel nido di una ballerina bianca, un grazioso uccellino lungo circa 18 centimetri, appartenente all'ordine dei Passeriformi. Fu l'ultima cosa che mia madre fece per me, mi abbandonò in quel nido, costruito con piccoli rametti, foglie, erba, radici e piume, dove vi erano ospitate cinque uova. Era il mese di maggio e quel nido, che improvvisamente era diventata la mia nuova dimora, era attaccato a un tetto di una casa di tre piani. Le altre uova erano molto simili al mio, biancastre con dei punti più scuri e grandi circa 20 mm x 15 mm.

 

Ma io non ero da solo, avevo altri fratelli, la mia specie può arrivare a deporre fino a 20 uova, ma la mia mamma per farci nascere, avrebbe deposto, ogni volta, un solo uovo per ogni nido scelto con molta cura. Ma forse ora è meglio che vi dica chi sono io, prima di raccontarvi la mia turbolenta storia..........

 

Io sono un cuculo, appartengo all'ordine dei Cuculiformi. Vi chiederete perchè mia madre mi ha abbandonato nel nido di una ballerina bianca, così diversa da me!!!! Noi cuculi, quando diventiamo adulti, misuriamo circa 30–35 cm di lunghezza, con un'apertura alare di 55–60 cm e pesiamo fino a 70-160 grammi. Le ballerine bianche, invece, sono lunghe al massimo 18 cm e pesano soltanto 23 grammi!!! Ma allora perché mai mia madre mi ha depositato sotto questo tetto, nel nido di un altro uccello, così diverso da me? E' un vero mistero ma è una legge della natura!!!

 

Noi cuculi, infatti, siamo noti per il nostro strano comportamento durante la riproduzione : dopo esserci sposati, ogni madre sa in quale tipo di nido dovrà deporre le sue 15 – 20 uova, perché lo ha scritto nella propria memoria, ereditata dai propri genitori. Ogni cuculo ha una memoria associata a una specie specifica e pensate che possiamo scegliere tra ben 50 specie di nidi diversi!!! Mia madre depositerà le sue uova, uno alla volta, nei nidi della ballerina bianca, e così dovranno fare tutte le sue figlie femmine. Ma per ogni cuculo è diverso, c'è chi dovrà cercare i nidi di altre specie come ad esempio l'averla, la capinera o la cannaiola, si tratta quasi sempre di uccellini appartenenti ai passeriformi.

 

E sì siamo un po' strani, ma è l'istinto naturale che ci guida a comportarci così, dobbiamo ubbidire alla legge della natura, senza porci troppi perché.... Ma torniamo alla mia storia, non ero ancora nato e ancora non sapevo il grande guaio in cui mi sarei trovato, di lì a poco tempo. I giorni trascorrevano veloci e l'uovo dentro il quale io stavo crescendo, era pronto ormai a schiudersi, c'erano voluti circa 12 giorni, appena la mia piccola testolina vide per la prima volta la luce del giorno, mi accorsi che attorno a me vi erano delle altre uova ancora chiuse. Quindi, guidato dal mio istinto naturale, uscii del tutto dall'involucro che mi aveva fino allora protetto, raccolsi tutte le mie forze e con una fatica enorme, aiutandomi con il dorso del mio piccolo corpo, ancora nudo e privo di piume e penne, mi sbarazzai di tutte le altre uova presenti, buttandole letteralmente fuori dal nido. Rimasi soltanto io in quel bel nido caldo e accogliente, ero stanco ma molto soddisfatto.

 

Ad un certo punto giunse al nido la mia madre adottiva, una bella ballerina bianca, non si accorse che i suoi figli naturali non erano più nel nido e cominciò a nutrirmi come se fossi un suo nidiaceo, che buona pappa mi portava ogni volta, si assentava dal nido e vi ritornava con insetti, lombrichi, vermi, pesciolini, molluschi catturati nell’acqua bassa e a volte mi portava perfino delle granaglie. E anche il suo sposo l'aiutava, avevo anche un papà adottivo, un bel maschio di ballerina bianca, che genitori stupendi!!!

 

Mi avrebbero nutrito con tanto amore per due o tre settimane, se non fosse accaduto ciò che sto per raccontarvi, qualcosa che sconvolse la mia vita di neonato e mi fece guardare in faccia la morte..... Ma prima di proseguire, c'è un'altra cosa che devo svelarvi sui miei genitori adottivi e su quanto è strana la natura....... Se le due ballerine bianche avessero potuto continuare a nutrirmi, ben presto io sarei cresciuto a dismisura e sarei diventato molto più grande dei miei genitori adottivi, tanto che le due povere ballerine, per riuscire a nutrirmi, avrebbero dovuto arrampicarsi sulla mia testa per riuscire a raggiungere il mio becco e riuscire così ad imboccarmi!!! Eppure lo avrebbero fatto, l'amore che quei due genitori mi avrebbero dato avrebbe superato ogni fatica e, grazie a loro, io sarei diventato grande fino a spiccare il volo e andarmene per la mia strada, a cercarmi una sposa. Sì, perché io sono un maschietto.

 

Ma le cose non andarono così..........

 

Fu un attimo, un terribile attimo, avvertii come una scossa di terremoto e poi mi sentii sollevare, qualcuno aveva staccato il mio bel nido dal tetto e con me dentro, lo stava portando chissà dove...... avevo ancora gli occhi chiusi ed ero talmente piccolo da non avere ancora né le piume né le penne, ero completamente nudo, privo di ogni difesa, così delicato da tremare dalla paura di quello che mi stava succedendo, non capivo cosa mi stava accadendo, girava tutto attorno a me....... Solo più tardi compresi il perché di tutto quel trambusto: nella casa dove era stato costruito il mio nido, stavano facendo dei lavori di ristrutturazione. Dovendo effettuare dei lavori per rivestire la casa con un isolamento termico, per evitare di imprigionare il nido, senza più possibilità di uscita, qualcuno lo staccò e lo depose sulle tegole del tetto.

 

Così mi ritrovai all'aperto, senza più un riparo, era mattino presto quando avvenne il disastro, sentivo un gran freddo, cercavo di rotolarmi nel morbido piumino con il quale i miei genitori adottivi avevano rivestito le pareti interne del nido, ma nudo com'ero, esposto così all'aria, stavo tremando dal freddo..... ma poi arrivò il sole e credetti di cominciare a stare meglio ma mi sbagliavo!!! Ben presto quei caldi raggi solari cominciarono a bruciare la mia pelle delicata, stavo morendo di caldo, avevo sete, avevo fame, dove erano finiti i miei genitori? D'improvviso la mia vita era stata trasformata in un delirio, stavo così male che credetti di morire, mi sentivo così triste e solo...... Avevo pochi giorni di vita e per la seconda volta ero rimasto orfano!!!

 

Ma d'improvviso arrivò Lui, si chiamava Sergio Invernizzi, faceva l'imbianchino e fu proprio grazie al suo lavoro, che giunse a quella casa dove io stavo aspettando la morte che mi sembrava sempre più vicina, era come se una fredda coperta mi stesse avvolgendo.....

 

Sergio salì agilmente sull'impalcatura che fasciava la casa in tutti i suoi lati, fino ad arrivare nella parte più alta e sentii la voce di un uomo mentre lo chiamava “Ehi Giacomino, cominci da lì?”. Era uso comune darsi dei buffi soprannomi, ogni volta uno diverso, scherzarsi mentre si lavorava, rendeva il lavoro più leggero. Sergio stava per rispondergli con un' analoga battuta scherzosa, ma fu allora che mi vide..... tacque d'improvviso sorpreso di ciò che aveva davanti: un pulcinotto completamente pelato, sdraiato sulla pancia, ancora incapace di reggersi sulle sue zampine. Immediatamente prese delicatamente il nido tra le mani e lo spostò all'ombra, poi lo tenne d'occhio per diverso tempo, nella speranza di vedere una madre con le ali giungere al nido, ma tra una spatolata e l'altra, mentre proseguiva nel suo lavoro, sentì morire nel suo cuore ogni speranza, constatando che il piccolo pulcino aveva perduto per sempre la sua mamma.

 

Fu Lui a salvarmi la vita.

 

Prese in mano il cellulare per chiamare la sua amica Cristina, una guardiacaccia che abitava poco distante da lì e le raccontò cosa aveva trovato. Intanto Sergio mi aveva battezzato: “Ti chiamerò Giacomino, perché è stato quando mi hanno chiamato così, che ti ho visto”. Insieme a Cristina mi diede i primi soccorsi, dell'acqua e del cibo, che buono!!! stavo morendo di fame!!! Mi scaldarono e mi riempirono di tenerezza e amore. Poi mi portarono da Marisa, una cara signora molto esperta nell'allevare i cuculi, lei mi pesò e disse che pesavo 47 grammi. Sergio veniva a trovarmi quasi tutti i giorni, e sentivo spesso che chiedeva notizie di me anche al telefono. Quando finalmente aprii gli occhi e potei conoscere il mio salvatore, mi sorpresi di quanto era alto!!! Quando Sergio mi prendeva fra le sue grandi e forti mani e mi coccolava, io mi sentivo protetto e avrei voluto fargli capire quanto gli ero grato di avermi salvato la vita.

 

Marisa era una mamma formidabile: ogni due o tre ore mi nutriva con tanta pazienza e amore, nella prima settimana mi imboccava addirittura ogni ora, usava omogeneizzati e camole, un tipo di larva di farfalla. Spesso mi diceva “Ma che mangione che sei, finirai per scoppiare!!!”. E io intanto crescevo, ingrassavo e mi sentivo amato. Ogni volta che arrivava Sergio, lo sentivo sorprendersi per i miei cambiamenti così repentini, ogni volta, nonostante passassero soltanto due giorni, io apparivo diverso.

 

Sergio mi aveva trovato su quel tetto nel mese di maggio, da allora mi ero trasformato, oltre ad aumentare di dimensioni, mi ero ricoperto di bellissime piume e penne, la mia coda si stava allungando e stavo diventando uno splendido cuculo, pronto a spiccare il volo. Se io fossi stato allevato dalla natura, e fossi cresciuto con le due ballerine che mi avevano adottato come fossi il loro figlio naturale, avrei lasciato il nido dopo circa 20 giorni o poco più, mi sarei involato per cercare un mondo tutto mio da vivere come uccello adulto, ma Marisa valutò che fossi pronto per spiccare il primo volo nel mese di giugno, quando ormai avevo compiuto un mese di età. Pesavo ben 165 grammi!!!! Ero in perfetta salute e in forma smagliante!!! Così chiamò Sergio per comunicargli che lo svezzamento era finito, che avevo imparato a mangiare da solo senza più essere imboccato, e che era ormai giunto il momento di riportarmi nell'ambiente selvatico, nel mio meraviglioso mondo naturale.

 

Sergio mi venne a prendere e nei suoi occhi lessi tutta la preoccupazione e tutto l'amore che può nascere nel cuore di un padre che sta per separarsi da un figlio. Sergio era così, amava gli animali più degli esseri umani, lui stesso si sentiva più animale che umano, si sentiva combattuto tra il desiderio ardente di tenermi con sé, per proteggermi per sempre, e la voglia dirompente di restituire a quel piccolo essere vivente quale ero io, la sua libertà. Chiamò Cristina e decisero che la mattina dopo, all'alba, quando tutto ancora stava dormendo, mi avrebbero liberato. Scelsero anche il luogo : un bosco che apparteneva a Sergio, un bosco dove entrambi andavano spesso, durante l'inverno era disseminato di mangiatoie per aiutare gli uccelli a superare la stagione più difficile dell'anno, mentre d'estate offriva sicurezza e riparo, nonché cibo in abbondanza.

 

Il giorno della liberazione pioveva a dirotto!!! l'apprensione di Sergio crebbe a dismisura ed era evidente che non era per nulla tranquillo. “Ma lo liberiamo sotto l'acqua? E poi siamo sicuri che è davvero capace di mangiare da solo?”

Cristina era peggio di lui nel sentire crescere la preoccupazione. Quante persone mi avevano amato e si stavano preoccupando per me!!!! Così rimasi ospite da Cristina per qualche giorno, lei mi osservava in continuazione e io le dimostrai che ero diventato grande, che sapevo badare a me stesso. Intanto il tempo si ristabilì e tornò a splendere il sole.

 

Era il 19 giugno e Sergio mi restituì la libertà. Fu un momento magico : triste perché mi stavo separando da colui che mi aveva salvato la vita, ma nello stesso tempo fantastico, sentivo il richiamo della foresta penetrarmi in ogni mio più piccolo poro della pelle, ogni piuma, ogni penna sembrava volere librarsi nel cielo turchino e quel bosco così selvaggio.... tutto mi chiamava, tutto mi ammaliava. Sergio mi prese tra le sue mani, mi sentii sollevare in alto, fin oltre la sua testa, ero a quasi due metri di altezza, lui aprì le mani dandomi una piccola spinta e io spiccai il mio primo vero volo. Mi posai su un ramo di un vecchio albero e da lì contemplai quel meraviglioso mondo che si estendeva sotto di me. E molto più in basso, vidi Sergio e Cristina che non mi staccavano gli occhi di dosso, neanche per un attimo.

 

Li guardai intensamente per un ultimo saluto e un grazie per tutto ciò che mi avevano regalato, pensai a Marisa e a tutte le cure che mi aveva dato, pensai alle due ballerine bianche per tutto l'amore che mi avevano donato e infine mi tornò alla mente mia madre che, seguendo la guida della natura, mi aveva lasciato in un nido non suo e pensai che anche la mia sposa, un giorno, avrebbe fatto così. La mia vita era cominciata in modo strano, era proseguita in modo assai tragico, ma tutto si era sistemato grazie a quell'uomo che da laggiù, alla base del bosco, mi stava guardando e sembrava non volermi lasciare andare via. Addio Sergio, vorrei dirti tante cose prima di andarmene, io sono un migratore e tra pochi mesi partirò per l'Africa meridionale dove trascorrerò l'inverno. Ci ritroveremo al ritorno della bella stagione, tornerò in questo bosco e sentirò la tua presenza, ti vedrò in ogni foglia che mi riparerà dal sole, in ogni ramo che mi offrirà riposo, in ogni goccia di rugiada che mi toglierà la sete, in ogni alito di vento che mi rinfrescherà..... sono solo un uccello e non so comunicare con gli esseri umani, non riuscirò mai a dirti grazie, ma so che tu mi sentirai, ogni qualvolta che attraverserai questo bosco. Quando salvi la vita a qualcuno, rimani legato a lui per il resto dei tuoi giorni.

 

E in quell'ultimo magico sguardo, Giacomino spiccò il volo verso la libertà e scomparve agli occhi del suo grande amico.


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